Un anno volge al termine ed un altro nasce… tempo di
riflessioni, di bilanci e di propositi. Per i pazienti, così anche per me.

La Befana stavolta è stata così saggia da non portarmi
nulla, così senza suggerimenti dall’esterno la domanda resta a me, e mi chiedo…
ma cosa vuol dire essere buoni?
E così decido che essere buoni, per me,
significa prendersi cura. Ed io quest’anno mi sono presa cura. Di me,
soprattutto. Che era tanto che non lo facevo. Io, che sono sempre quella che si
prende cura degli altri, e che ho scelto persino di farlo per mestiere.
Arriva un momento in cui ti diventa dannatamente chiaro che
la vita è una, e che se la vivi secondo le regole che gli altri vorrebbero
importi, nessuno te ne darà un’altra. Per me quel momento è arrivato quest’anno.
L’anno dei miei 30 anni.
Perché a 30 anni… hai la lucidità per chiederti se sei
felice, e se la risposta è no, devi darti una chance di cambiamento.
Che anno è stato il 2014?
Un anno complesso, ricco, fatto di
mille cadute e novecentonovantanove rialzate. Perché c’è sempre quella che ti
sfugge… quella che non ti lascia a terra ma si trascina a lungo… quella che a
camminare cammini, ma zoppichi un po’.
Molte persone sono entrate, molte sono uscite.
Un anno di ultimi baci.
Un anno di primi baci.
Un anno di persone “troppo cerebrali per capire che si può
star bene senza complicare il pane”, e di persone che ti aprono la porta anche
se non hai bussato.
Un anno di sperimentazioni lavorative, di nuove
collaborazioni, di nuovi investimenti.
Un anno di preoccupazioni e numeri di medici.
Un anno di prossimi arrivi.
Un anno in cui punti sul nero ed esce il rosso.
Un anno in cui ti accorgi che il rosso sei tu.
Un anno scandito da momenti fin troppo affollati e da
momenti di grande solitudine, ricercata o forzata.
Un anno dal cuore livido e dagli occhi asciutti.
Un anno in cui qualcuno vede la persona. Chiara. Nitida. Imperfetta.
E qualcun altro continua a vedere solo la professionista, pretendendone l’impeccabilità
24 h su 24.
Un anno di risorse che non sapevi di avere.
Insomma, un anno di esperienze. Molte. Nuove.
Perché a 30 anni… è l’ora di cominciare a chiederti cosa
vuoi…
L’anno in cui, come mai prima, mi sono trovata a dire “non
ho parole”. In cui ho messo da parte le mie diffidenze, ed ho potuto così sperimentare
lo stupore per gesti inaspettati e la delusione per la fiducia malriposta…
Un anno di cambiamento. Dentro. Fuori. Tutto intorno.
Prima ero a compartimenti stagni. Ci volevano duro
addestramento e disciplina per entrare. E al primo errore eri fuori, non
importava quanto facessi ammenda. Un sommergibile praticamente. Altero,
inaffondabile, ma pesante.
Ora i confini sono più flessibili. Per entrare ci vuole
ancora tempo, ma puoi avvicinarti facilmente. E una volta che sei dentro sei
dentro. Ti mostro anche la stanza dei pulsanti. E se sbagli le scuse non sono
un lasciapassare, ma hanno un valore.
Perché non è più l’ora delle questioni di
principio, degli orgogli inutili, delle maschere, che come setacci dalle maglie
troppo strette lasciano fuori i sassi ma anche le pepite.
Non più sommergibile, ma barca a vela. Più fragile, certo,
ma più libera.
Perché a 30 anni… non riesci più ad accontentarti. Voglio tutto, e se questo significa prendere
anche delle batoste, pazienza.
Perché ad una vita rassicurante ma piatta preferisco di gran
lunga le emozioni. Belle e meno belle. Forse persino troppe.
Perché la vera forza non è nascondere le proprie fragilità,
ma mostrarle.
Perché a 30 anni… cominci a sapere quali viaggi non vuoi più
fare.
Non più in tram.
Non più sulle montagne russe.
Magari un giro in moto in costiera, col vento che ti
schiaffeggia, il sole che un po’ ti scalda e un po’ ti abbaglia, le zone d’ombra
che un po’ ti danno ristoro e un po’ ti fanno sentire i brividi…
Con il mondo davanti. Senza guard rail. Però col casco.
Propositi per il 2015?
Continuare a respirare. Perché domani il sole sorgerà di
nuovo.
E il vostro anno? Come è stato?
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