Nel precedente articolo “Le vie della psicologia sono
infinite!?!” ho fornito qualche spunto di riflessione sulla forma mentis degli
psicologi in Italia, e sull’immagine che ne deriva. Oggi vorrei soffermarmi
maggiormente su alcune aree lavorative che potrebbero e dovrebbero essere di
nostra pertinenza, ma in cui purtroppo sempre più spesso sono impiegati
professionisti diversi dallo psicologo.
Area clinica: probabilmente la maggior parte degli psicologi
lavora in questo campo. Allora qual è il problema? Il problema è la tutela e
l’informazione del cittadino. Dell’utente. Avete mai sentito dire a un
counselor che riceve nel suo studio madri depresse che hanno subito traumi
gravi come la perdita di un figlio, ad esempio? Io si. Un counselor può
ricevere una donna che vive un momento tanto difficile della sua vita?
Certamente si, chiunque può ricevere dove vuole una donna depressa, un buon
amico di certo non la metterebbe alla porta. Un counselor, dopo aver ricevuto
la suddetta donna, ha le competenze per curare
questa donna? Certamente no. Rientra tra le finalità del counseling il
trattamento della depressione? Men che meno. Quindi? Al rogo tutti i counselor?
Buon Dio, no! Ci sono ottimi professionisti counselor (anche di questo
parleremo più approfonditamente in futuro). Io voglio porre l’accento su di
noi! Finora siamo stati noi psicologi a formarli, a incoraggiarli, a indurli a
credere di poter fare questo genere di prestazioni. E potrei parlarvi di
naturopati, terapisti olistici, e chi più ne ha più ne metta. È la concorrenza,
bellezza. E noi che facciamo? Per lo più facciamo la parte di Calimero, piccolo
e nero, a cui hanno rubato una fetta di lavoro. Non sarebbe meglio essere più
uniti come corpo professionale, seminare e innaffiare il seme della psicologia,
diffondere la cultura psicologica? Che ne sa l’ignaro utente delle differenze
di formazione tra uno di questi professionisti e uno psicologo? Quindi
rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo per una consapevolezza diffusa. Se
lavoriamo bene in questo senso, non dovremo preoccuparci di counselor and co.,
anzi, potremo collaborare con loro in una maniera reciprocamente fruttuosa e
stimolante. Riappropriamoci della clinica!
Risorse umane: è un campo molto interessante e ampio. Ci si
aspetterebbe di trovare psicologi un po’ ovunque nei settori HR delle aziende, giusto?
Sbagliato. Prendendo a campione 10 aziende della lista Top Employers Italia,
ovvero l’elenco delle 45 migliori aziende italiane in cui lavorare, non ne ho
trovata una in cui il responsabile delle risorse umane fosse uno psicologo. È
tutto un trionfo di laureati in economia, scienze politiche o giurisprudenza.
Per carità, stiamo parlando di realtà aziendali eccellenti, quindi vuol dire
che sono la creme de la creme dei responsabili HR, ma parlando in linea un po’
più generale, un laureato in economia può essere senza dubbio un eccellente
responsabile dell’amministrazione del personale, ma ad esempio che mi dite
della selezione e della formazione? Ci starebbe bene uno psicologo, giusto?
Sbagliato. Tra i responsabili della selezione del personale si trovano laureati
in filosofia, scienze della comunicazione, statistica. Sembra che il tratto
comune di tutti questi professionisti sia una formazione post-laurea
specializzata nel settore HR, dunque uno psicologo, con le competenze già
acquisite nel suo percorso di studi, dovrebbe avere una marcia in più nel
formarsi in questo ambito e conseguentemente nel proporsi alle aziende. E per
quanto riguarda lo stress - lavoro correlato? Ci sono molti aspetti diversi
quando si parla di rischi sul lavoro, non possiamo chiuderci nel nostro guscio
perché altri professionisti, come i medici del lavoro, se ne occupano…nella
cultura che ho descritto nell’articolo precedente è inevitabile che sia così. Cerchiamo
invece di promuovere una cultura della collaborazione e della multidisciplinarità,
che possa davvero mostrare quale valore aggiunto lo psicologo possa apportare
al benessere di un’azienda. Riappropriamoci delle risorse umane!
Prevenzione: dovrebbe essere il nostro pane quotidiano,
tuttavia nella cultura italiana è ancora poco diffusa l’idea della prevenzione
in ambito psicologico. Basti pensare alla reazione più frequente che si vede
quando si propone a qualcuno di andare da uno psicologo; la reazione è più o
meno questa: “io? Mica sono pazzo! Mica ho dei problemi!” dunque è diffusa un’immagine
dello psicologo-pompiere che spegne gli incendi quando sono già divampati. Non
c’è invece un’immagine dello psicologo come professionista che può essere utile
a prevenire che il fuoco sia appiccato. Quello della prevenzione è un ambito
molto vasto e vario, alcuni esempi in tal senso sono le scuole, i corsi
preparto, la formazione stessa. Quanto siamo presenti in questi ambiti e cosa
possiamo fare per affermare ulteriormente la nostra presenza? Per adesso mi
limito ad accennarlo… pensateci su, nel prossimo articolo entrerò maggiormente
nel dettaglio. Riappropriamoci della prevenzione!
Benessere e rilassamento: psicologo/benessere dovrebbe
essere un’associazione d’idee immediata. Ma non sempre è così. Utilizzando un
metodo altamente scientifico, ho cercato “benessere” su google immagini, ed è
tutto un fiorire di fanciulle sdraiate su candidi cuscini, in mezzo alle ninfee
o con dei sassi sulla schiena, insomma l’immagine grafica del benessere si
associa alla spa. Cercando psicologo, invece, appaiono foto o vignette di gente
afflitta, sdraiata sul lettino con la testa tra le mani e la faccia di chi
avrebbe bisogno del bifidus. Ora, non so voi, ma a me l’idea che dovremmo
adoperarci per attualizzare l’immagine della nostra professione e riavvicinare
la gente al nostro lavoro è balenata. Giusto un tantino. Ora, non voglio
soffermarmi su offerte trovate sul web del tipo “pacchetto diagnosi e
massaggio”, perché ci sarebbe da fare una riflessione a parte, ma con sommo
rammarico devo costatare che spesso le persone, per reagire a situazioni di
stress, si iscrivono in palestra, vanno a fare yoga, massaggi etc. Per carità, queste
attività sono una mano santa! Ma sappiamo quanto sia complesso distinguere un
lieve stress da una situazione di maggiore difficoltà, e quanto sia difficile
per un individuo prendere la decisione di rivolgersi allo psicologo. Dunque,
credo che dovremo impegnarci molto nel prossimo futuro per promuovere un’immagine
della nostra professione meno legata alla malattia e più al benessere a 360°.
Riappropriamoci del benessere!
Psicologia del traffico: questo è un esempio di nuova branca
della psicologia, che studia il comportamento dell’individuo alla guida. Gli
sbocchi sono diversi, e vanno dall’educazione stradale, alle perizie, alle
consulenze. Il decreto ministeriale n.17 del 26.01.2011 prevede la figura dello
psicologo nei corsi di formazione per istruttori di guida. Alcuni aspetti
dell’insegnamento possono essere svolti sia da uno psicologo che da un
ingegnere, altri sono di stretta pertinenza dello psicologo. Dunque,
soprattutto nel primo caso, dobbiamo cercare di rendere maggiormente evidente
l’importanza delle competenze psicologiche in questa materia. (Ri)appropriamoci
della psicologia del traffico!
Come ho già detto, ci sono molti altri possibili ambiti di
lavoro per lo psicologo, si pensi alle cooperative, al turismo, al marketing,
etc…però c’è ancora tanto da fare, la situazione legislativa non aiuta e non
sempre gli Ordini sono tempestivi ed esaustivi nell’informare e formare gli
iscritti. Non è più il tempo di sprecare energie preziose a lamentarsi delle
cose che non vanno… è tempo di impiegarle per riprenderci quello che è nostro.
E tu, come spenderai le tue energie? Facci sapere commentando questo articolo!
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